2. GIOVINEZZA DI ANGELINA

Gli storici ci informano che dopo il 1394 Francesca, sorella maggiore di Angelina, si trovava a Foligno dove aveva sposato Trincia di Rinalduccio di Berardo, fratello del signore della città.
Una domanda a questo punto s’impone: Angelina ha accompagnato tutte queste vicende dolorose della sua famiglia da vicino o si era già allontanata dal Castello? Jacobilli, suo primo biografo, e il manoscritto più antico, custodito dal monastero folignate, collocano in questi anni il presunto matrimonio di Angelina con un nobile di origine francese, Giovanni di Termes, che aveva ottenuto in feudo la fortezza di Civitella del Tronto.

Civitella del Tronto: la cittadina e la fortezza angioina

Appare suggestiva l’ipotesi che il matrimonio di Angelina potesse essere occasione di utili alleanze in un momento di tanta difficoltà, tuttavia non disponiamo di prove per confermarlo, anzi i documenti che la riguardano sembrano indicare che mai lei contrasse matrimonio, giacché nei numerosi atti notarili a noi pervenuti, in cui la beata appare presente dal 1399 al 1435, ella è sempre identificata con il patronimico o con il castello di nascita o con la fraternità in cui si trovava. Mai invece le viene attribuito l'appellativo di "vedova", diversamente da come avviene, per esempio, con Lucrezia della Genga. La questione deve, dunque, considerarsi aperta.
Sempre secondo lo Jacobilli il matrimonio sarebbe stato celebrato e non consumato, a imitazione di coppie sante di illustri personaggi. Dopo la morte dello sposo, secondo il cronista francescano Marco da Lisbona, Angelina si dedicò alle opere di carità, prima fra tutte il servizio ai malati ma, prima di prendere l'abito della penitenza, fu accusata innanzi al re di Napoli, di attirare a sé giovani seguaci, dissuadendole dal contrarre matrimonio. Per mostrare la sua innocenza, si sarebbe presentato a questi portando nella falda della veste fuoco vivo, senza che questa bruciasse. Lo stesso cronista attribuisce all’intercessione della nostra beata la risurrezione di un giovanetto morto a Napoli.

Angelina di fronte al re di Napoli in una stampa novecentesca

Egli dice di avere appreso ciò dalle pitture della cappella dove lei era sepolta, che egli vide nel suo viaggio in Umbria, e dal “racconto di persone degne di fede”.
Non sappiamo che cosa esattamente fosse affrescato in quella cappella, ora non più esistente; conosciamo invece una xilografia, già esistente nel 1626, e quindi anteriore alla pubblicazione della biografia di Iacobilli, nella quale la beata porta nella palma della mano una fiamma di fuoco.
Come leggere in modo storicamente corretto questi dati? È forse stata involontariamente operata la fusione di “leggende” di due beate omonime: Beata Angelina contessa di Civitella d’Abruzzo e Beata Angelina dei conti di Marsciano? Mancano supporti storici per rispondere convenientemente a questi interrogativi. Nel frattempo la ricerca continua, speriamo sia fruttuosa.