LA CONGREGAZIONE DI ANGELINA

Secondo l'erudizione

“Il sommo pontefice Eugenio IV per suo Breve dato in Fiorenza confirmò la concessione fatta a viva voce da papa Urbano VI alla diletta in Christo figliola sor Angelina[…] di poter instituire una congregazione per tutte le donne che volessero entrarci e vivere con più stretta osservanza e regola del medesimo ordine” . Sono queste le parole che leggiamo in un manoscritto conservato nel monastero di S. Anna. Ma come deve essere intesa l’espressione instituire una Congregazione? Che cosa significa vivere con più stretta Osservanza?
Jacobilli, nel Seicento, vide espressa nella claustralità la più stretta osservanza dei monasteri angeliniani. Egli pone sulla bocca di Angelina morente questa esortazione alle sorelle: “Si ricordassero che si erano sequestrate dal mondo et ivi rinchiuse per abbandonarlo[…] il vero paradiso terrestre era il monastero” . E si comprende il perché di tale interpretazione: scrivendo egli in pieno clima controriformistico, vede nella vita monastica e dunque claustrale, la forma ideale, unica, per accedere alla perfezione. Angelina avrebbe, dunque, trasformato in monasteri rigorosamente osservanti le fraternità di terziarie. La fortuna di cui godette la biografia di Jacobilli, ha fatto si che sia stata questa immagine di lei a tramandarsi nei secoli. In realtà la clausura, con quanto essa rappresentava – il processo di monacazione – sarà il pomo della discordia che causerà sofferenze ad Angelina negli ultimi anni della sua vita e comporterà in seguito una rottura tra le sue discepole e i continuatori della riforma di fra Paoluccio, gli Osservanti della seconda generazione.