CECCA DI BULGARO

La scelta di vita di Angelina dovette affascinare anche altre donne della sua famiglia che non esitarono a lasciare tutto e a seguirla. Fra di loro c'era Francesca o meglio Cecca di Bulgaro (o Ungaro). Che Cecca facesse parte della famiglia dei Conti di Marsciano lo affermano senza ombra di dubbio tutti gli storici seicenteschi e molti dei documenti archivistici. Tuttavia non è ben chiaro di chi fosse figlia. E' probabile che suo padre fosse Bulgaro di Tiberuccio, abitante a Castel di Fiori e morto nel 1379. Ughelli però gli attribuisce diversi figli: Ugolino, Guido, Tiberuccio, Bindo, Uguccione e Contessa (che avrebbe sposato Rinaldo Trinci) ma non Francesca che fa invece figlia di Lamberto di Azzo, ossia dello stesso ramo dela famiglia a cui apparteneva il marito di Lucrezia della Genga. In tutti i documenti però il patronimico è sempre Bulgaro, lasciando intendere che probabilmente la prima ipotesi è quella corretta.

Cecca è a Foligno sicuramente fino al 1406 e dovette svolgere nei primi anni un ruolo importante a fianco di Angelina. E' suo il secondo nome nella bolla del 1403 con cui Bonifacio IX riconosce la comunità folignate e nei documenti fra il 1405 e il 1406 appare avere anche responsabilità nella gestione patrimoniale della comunità. Nel 1401 era invece stata lei a fare una donazione alla chiesa del Corpo di Cristo di Todi: si tratta di un podere che possedeva in località Colle Pepe. A partire dal 1419 è a Firenze, dove è una delle Istitutrici del monastero di Sant'Onofrio e di certo ne fu ministra. Nel 1436, all'indomani della morte di Angelina, è ancora lei la responsabile della comunità. A Firenze Cecca morirà, secondo la tradizione, nel 1440 e sarà sepolta nella chiesa del monastero.

Il nome di Cecca è legato anche ad un piccolo "giallo". Lo Jacobilli afferma di aver visto un suo manoscritto autografo presso la Biblioteca Vaticana, di cui già Ferdinando Ughelli non trovava traccia, ma non è detto che non sia mai esistito. Purtroppo non sappiamo neanche cosa contenesse. Lo studioso seicentesco infatti ne fa menzione una sola volta, a fianco della narrazione del matrimonio e del voto di verginità. E' comunque ragionevole pensare che, se davvero esistette, fosse un testo non troppo interessante per la ricostruzione della storia di Angelina, altrimenti di certo Jacobilli vi avrebbe attinto in maniera più corposa, per dare autorità alla propria narrazione.