LA STORIA DEL MONASTERO DI S.ANNA
Le origini – Gli anni del bizzocaggio
Il monastero
di S. Anna a Foligno nasce nel sec. XIV, come frutto dell’Osservanza
di fra Paoluccio Trinci (†1391). Paoluccio,
che aveva ottenuto il 28 luglio 1373 da papa Gregorio XI l’approvazione
per il suo Movimento e per i conventi aderenti alla sua riforma, aveva attirato
anche alcune donne alla riforma. La storia ci attesta, infatti, l’esistenza
di due gruppi femminili legati ad essa, di cui uno a Foligno: il monastero di
S. Anna, appunto. Di questo monastero ci è pervenuta la lettera di approvazione
inviata da fra Enrico Alfieri da Asti, ministro generale dell’Ordine dei
Minori, a fra Paoluccio il 14 febbraio 1388: questi veniva autorizzato a permettere
ad alcune donne di lodevole vita di vivere nel monastero appena costruito, a
meno che la Chiesa non esprimesse un parere differente. E questo perché
non si trattava di un normale monastero, ma di un bizzocaggio, e la Sede Apostolica
fino ad allora aveva osteggiato il movimento bizzocale. Fu probabilmente lo
stesso fra Paoluccio ad ottenere successivamente da Urbano VI l’autorizzazione
'vivae vocis oraculo' (ossia orale).
Nel testamento del ricco mercante Mariano di Puccitto il 12 agosto 1394 esso
appare con una doppia denominazione: monastero di fra Paoluccio o delle contesse.
I documenti notarili attestano che si tratta dello stesso monastero di S. Anna
nel quale quasi sicuramente era presente fin dal suo costituirsi la Beata Angelina,
che alla morte di fra Paoluccio assume la direzione del bizzocaggio e che nel
1403 ne ottiene da papa Bonifacio IX di passaggio a Foligno l’esplicito
riconoscimento..
Addossato alle mura della città, il monastero non era separato dall’abitato.
Esso era costituito da una piccola cappella,da una cucina, da una sala capitolare
e da piccole celle che servivano non solo per il riposo ma anche per l’orazione
e la meditazione, come dicono le antiche Costituzioni. Non c’erano mura:
le sorelle, accanto agli altri, erano testimoni dell’amore di Dio manifestato
in Cristo Gesù.
Il monastero delle origini, disegno ricostruttivo
di Vladimiro Cruciani
(Tratto da V. Cruciani, Il giglio e il fuoco, Orfini-Numeister, Foligno 2001)
Il riconoscimento
pontificio, che permetteva alla fraternità di S. Anna di uscire dall’illegalità,
la rendeva punto di riferimento per altri bizzocaggi dell’Italia centrale
che via via si federarono con quello folignate. Questo processo giunse ad una
tappa importante nel 1428 quando Martino V concedeva alle fraternità
di S. Anna in Foligno, di S. Quirico in Assisi, di S. Giovanni in Todi, S. Onofrio
in Firenze, di S. Margherita in Ascoli e di S. Agnese in Viterbo, di potersi
eleggere una ministra generale e una ministra locale.
Nasceva, dunque, la “Congregazione
di Foligno”, di cui Angelina assume l’ufficio di Ministra Generale
e il cui centro è il monastero di S. Anna.. Questo successivamente fu
anche sede del processo di centralizzazione del Terz’Ordine Francescano
italiano, che i Terziari regolari stavano portando avanti.
Sciolta la suddetta Congregazione da papa Pio II nel 1461, il monastero di S.
Anna, come del resto gli altri, continuò a vivere quale realtà
autonoma. La forma di vita bizzocale che in esso si conduceva fu a più
riprese motivo di contrasti con i Frati Minori, sempre favorevoli al processo
di monacazione, tanto che per quaranta anni essi rinunciarono alla sua cura
spirituale. La clausura sarà accettata solo nel 1617, in seguito alle
direttive del Concilio di Trento nei confronti delle istituzioni femminili..
Potremmo chiederci : perché tanta avversione alla clausura?
Certamente valeva per il monastero folignate quanto affermano le fraternità
perugine di S. Antonio e di S. Agnese nella loro richiesta rivolta al papa:
esse vivono di elemosina e la clausura non ne garantirebbe la sussistenza; la
stessa clausura, poi, impedirebbe loro di nutrirsi spiritualmente, attraverso
la buona predicazione.
Gli
anni della clausura
Nella fase conclusiva il Concilio di Trento decretava la clausura per tutti
i monasteri; agli Ordinari diocesani fu dato il compito di verificare l’osservanze
di questa norma.
Pio V obbliga le suore professe di voti solenni di ogni Ordine a chiudersi in
clausura; se le terziarie non hanno emesso voti solenni, lo facciano, e siano
considerati nulli i privilegi e le concessioni precedenti.
Come già detto, la clausura in S. Anna divenne operativa solo nel 1617
e rimase in vigore quasi trecento anni. Si adottò la regola di Leone
X e nel 1614 si stesero nuove Costituzioni, nelle quali si tentò di armonizzare
l’antica tradizione con le esigenze della nuova condizione. Esse custodiscono
tre elementi delle antiche: la centralità della contemplazione del Cristo
povero e nudo in croce, l’amore reciproco vissuto nella dialettica dell’accoglienza
e del perdono, l’attenzione alle sorelle malate. Sempre in questi anni
si commissiona la prima biografia della B.Angelina al giovane erudito di Foligno
Ludovico Iacobilli, si opera una ricostruzione della storia del monastero e
si riordinano i documenti superstiti ad opera di abbadesse illuminate come Cecilia
Orfini. Le visite
pastorali che i Vescovi puntualmente compiono ci informano circa l’osservanza
della clausura, il numero delle monache, la vita comune, la povertà e
la vita spirituale. Apprendiamo da queste che il monastero di S.Anna era, tra
i sei monasteri delle città di Foligno, il più povero.
L. Jacobilli, manoscritto con la trascrizione della bolla di Bonifacio, ai suoi tempi ancora conservata presso il monastero.
Il 25 luglio 1801, su richiesta delle monache di S. Antonio a Pio VII, questo
monastero fu smembrato: una parte delle monache si unì al monastero di
S. Claudio e una parte al monastero di S. Anna che d’ora in poi si chiamerà
ufficialmente «dei Santi Anna e Antonio».
I rapporti di questo con l’autorità civile attraversarono momenti
di grande tensione nel secolo XIX nel quale si verificarono due soppressioni:
quella napoleonica e quella successiva alla Unità d’Italia. Quanto
alla prima il monastero passa per l’esperienza del sopruso fin dal 1798,
quando gli viene sottratta la tavola di Raffaello "La Madonna di Foligno",
le sue proprietà sono dichiarate demaniali e ai suoi membri viene assegnata
una pensione.
Lo si poté ripristinare solo il 12 agosto 1816 grazie alla decisione
delle monache di cedere al Papa la preziosa tavola di Raffaello, che erano riuscite
a riavere: con tale cessione, infatti, esse si procurarono un sufficiente cespite
economico, il cui possesso era condizione imprescindibile per il ripristino
stesso. Alle difficoltà affrontate al rientro (il monastero era stato
messo completamente a soqquadro), si aggiunsero i danni subiti dal terremoto
del 1832.
Il coro ligneo ottocentesco. Quello originario andò perduto ai tempi della soppressione napoleonica.
Quanto
alla seconda soppressione, l’estensione alle altre regioni d’Italia
della legge piemontese del 4 maggio del 1855, abrogava la personalità
giuridica degli Ordini religiosi; in Umbria il 1 dicembre 1860 era emanato il
relativo decreto il Regno d’Italia prendeva possesso dei beni spettanti
a Monasteri e Collegiate; il 22 dicembre toccò ai Monasteri dei SS. Anna
e Antonio.
In questo periodo difficile le monache sono ospiti in casa propria, ma quelle
di S. Anna non lasceranno mai il monastero, per una serie di concause. Il 7
luglio 1886 vengono ceduti al Municipio di Foligno i «locali del fabbricato,
adiacenze e orti annessi dell’ex monastero di S. Anna», che entro
un anno doveva essere lasciato libero dalle monache per essere utilizzato in
grande parte come Biblioteca. Tale decisione sollecitò un’iniziativa
delle monache: nell’ottobre dello stesso anno fu aperta una scuola elementare
esterna, frequentata anche dalle educande, con il beneplacito del P. Generale
dell’Ordine, P. Bernardino da Portogruaro, direttore spirituale dell’
abbadessa, M. Serafica Fedeli, del Vescovo Mons.
Federici, e dell’autorità scolastica.
La nuova attività esigeva una mitigazione della clausura, che le monache
ottennero per dedicarsi come terziarie più completamente al bene della
gioventù.
Questo sarà motivo di un’altra crisi nei rapporti con i frati minori
che privarono definitivamente le suore della loro assistenza spirituale.
Gli ultimi anni del secolo XIX e i primi del XX furono anni difficili e densi
di avvenimenti per il Monastero, questo, tuttavia, con l’appoggio del
cardinale protettore che il Papa gli aveva assegnato e grazie alla determinazione
dell’abbadessa, M.Serafica Fedeli e della sua vicaria, M.Flora Guancini,
nutre un sogno: realizzare il desiderio della Beata Angelina, quello di vivere
nel mondo come sorelle e madri.